La scorsa volta ho affrontato un tema che ha suscitato molto interesse: la verità dietro ai cassonetti per indumenti. La situazione è parecchio disastrosa, ma bisogna essere positivi, una soluzione si trova sempre anche perché non smetterò mai di credere che ognuno di noi possa fare la differenza.
Quindi ecco qualche consiglio per offrire una fine più dignitosa ai nostri indumenti senza finanziare inconsapevolmente un business poco pulito.
MA QUINDI COSA FARNE DEI VESTITI CHE NON USIAMO PIU?
- venderli nei negozi dell’usato: se sono tenuti in buono stato possiamo anche guadagnarci qualcosa, poco male! Io da anni mi affido sia per la vendita che per gli acquisti alla catena Mercatino che è presente in tante città d’Italia. Ma esistono anche realtà più piccole che offrono lo stesso servizio.
- venderli online: personalmente lo trovo un po’ più impegnativo, ma è sicuramente un buono strumento per vendere e comprare. QUI trovate un elenco di siti second hand molto belli, è un articolo vecchio quindi aggiungerei anche i più recenti Vinted e Wallapop. Io cerco di ridurre al minimo gli acquisti e le vendite online per questioni ambientali, ma ogni tanto mi capita di sfruttare questo canale, l’importante è non abusarne e magari limitarsi a vendere e acquistare solo in Italia per ridurre l’impatto ambientale della spedizione.
- affidarsi a esperti di upcycling: sono tanti gli artigiani della moda che sono in grado di trasformare i nostri vecchi abiti in qualcosa di completamente nuovo. E’ un’idea divertente per dare nuova vita ai nostri capi e accessori. Chi è bravo a cucire può farlo anche in autonomia prendendo spunto dalla rete. Ci si può rivolgere banalmente anche un sarto, a volte non indossiamo più qualcosa perché non ci piace un dettaglio. Una gonna troppo lunga può essere accorciata, una camicia con dei banali bottoni può essere impreziosita da bottoni più ricercati e via dicendo.
- scambiarli con le amiche, parenti, colleghe ecc: quando ho qualcosa che non voglio più chiedo sempre alle mie amiche prima di venderlo, è divertente e si crea un’occasione in più per vedersi.
- partecipare agli swap party: è una pratica che si sta diffondendo moltissimo in tutto il mondo ed è un modo divertente per conoscere nuova gente e scambiare accessori e indumenti. Spesso vengono organizzati anche da associazioni di volontariato ed è un’occasione per fare del bene. Volendo si può organizzare in autonomia anche in casa con delle amiche. Ognuna porta un numero preciso di indumenti, si mettono in bella mostra e ci si diverte a provarli e scambiarli.
- donarli ad associazioni di volontariato: ci sono tante associazioni di quartiere che raccolgono vestiti e altri oggetti. Chiedete al vostro Comune una lista in modo da valutare più opzioni. Se invece avete coperte, cuscini e simili che non vi servono più potete donarli ai canili e gattili della vostra città.
- donarli ad Humana: da sempre combatte le pratiche poco ortodosse adottate dalle altre associazioni di recupero indumenti. Il 67,5% dei vestiti donati a Humana è destinato al riutilizzo immediato in Italia e nel mondo grazie alla presenza dei negozi solidali e all’ingrosso (QUI per scoprire se c’è anche nella vostra città). Il 25,5% circa è riciclato per recuperare le fibre, in quanto troppo usurati e il 7% è destinato al recupero energetico.
- donarli alla chiesa: non sono una frequentatrice e non sono una fan di questa soluzione perchè spesso la chiesa non è popolata da persone così caritatevoli, ma se conoscete bene una parrocchia e sentite di potervi fidare delle persone e delle intenzioni che hanno è sicuramente una buona idea.
Direi che è chiaro che i cassonetti per gli indumenti usati non sono assolutamente l’unica soluzione che abbiamo, quindi smettiamo sin da subito di usarli. Ma se nè il post di oggi nè lo scorso sono stati sufficienti per convincervi vi consiglio di guardare questi 4 documentari che vi faranno subito cambiare idea all’istante!
- Textile Mountain: girato in Kenya, Irlanda e Belgio, questo documentario ci mostra attraverso gli occhi dei venditori di mitumba (le balle di vestiti di seconda mano) quanto sia poco onesto l’invio dei capi che gettiamo nei cassonetti degli indumenti. Possiamo vedere con i nostri occhi quanti indumenti totalmente invendibili finiscono in mare o bruciati. Le immagini della discarica di Dandora, la più grande dell’Africa orientale è devastante, mai visto tanti rifiuti a cielo aperto. Qui oltre agli scarti dei mitumba vengono scaricati oltre 2000 tonnellate di rifiuti indifferenziati da Nairobi. AL GIORNO!
Durata 21 minuti, lo potete vedere QUI. - Dead man’s white clothes: questo documentario è frutto di una ricerca iniziata nel 2016 ad Accra (Ghana) in particolare nel Kantamanto Market, il più grande mercato di abbigliamento usato dell’Africa occidentale. Il titolo del documentario nasce dal pensiero della popolazione che crede che solo da chi è morto possano provenire così tanti vestiti usati.
Durata 30 minuti, in inglese. Lo potete vedere QUI. - Stracci: è stato realizzato in più luoghi. Si parte dalla capitale del Ghana con la sua discarica in fiamme per passare poi al distretto tessile di Prato, dove il riciclo e il riuso degli abiti sono una tradizione consolidata da sempre. Molte le testimonianze degli addetti ai lavori.
Durata 52 minuti, in italiano. Disponibile su Prime. - Unravel-the final resting place of your cast-off clothing: è un breve documentario girato in una fabbrica tessile a Panipat, in India. Gli indumenti spediti dal resto del mondo arrivano qui per essere distrutti e trasformati in tessuti. Interessante vedere come le operaie giudicano strani i nostri vestiti, le nostre taglie, ma alla fine sognano di poter vivere in America un giorno.
Durata 13 minuti, in lingua originale con sottotitoli in inglese. Potete vederlo QUI.
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- immagine di copertina: greaterdandenong.vic.gov.au