Ebbene sì: il colosso mondiale della ultra fast fashion si è dato alla moda usata! Da qualche mese, infatti, Shein ha lanciato una piattaforma in cui è possibile vendere e acquistare i capi usati del marchio stesso riunendo la sua numerosissima community in un’app dedicata al resell. Per ora l’esperimento coinvolge solamente gli USA, ma non stento a pensare che presto la vedremo arrivare pure in Europa e chissà che non faccia concorrenza alla amatissima Vinted, piattaforma di gran successo utilizzata dagli amanti della moda circolare.
Ma come mai Shein ha deciso di cavalcare l’onda dell’abbigliamento usato? I loro capi costano già pochissimo, la cosa stupisce un po’, non trovate?
In realtà Shein non si sarebbe mai impegnata in un progetto del genere (da cui, tra l’altro, ha dichiarato di non trarne profitto perché non ci sono commissioni o percentuali) se non fosse stata coinvolta nell’ennesimo scandalo. Infatti, ad ottobre è uscito un documentario shock intitolato “Untold: inside the Shein machine” che vi consiglio di guardare, specialmente se avete l’abitudine di acquistare da Shein (QUI per vederlo).
In questo documentario un giornalista infiltrato mostra alcuni video registrati di nascosto all’interno di due fabbriche che producono per Shein a Guangzhou, in Cina. Nella prima fabbrica i lavoratori, ai quali la paga del primo mese viene trattenuta, devono confezionare una media di 500 pezzi al giorno per 4 mila yuan al mese (circa 560 euro). Nell’altra fabbrica, invece, i dipendenti sono pagati a cottimo: 4 centesimi ad articolo confezionato e incorrono in pesanti sanzioni in caso di capi fallati. In entrambe le fabbriche gli operai lavorano 17-18 ore al giorno e in media hanno un giorno di riposo al mese.
Emerge poi il problema dei modelli rubati come è successo a una giovane designer indipendente di biancheria intima sostenibile e realizzata a mano di Bournemouth, in Inghilterra. Nel 2020 Shein ha iniziato a vendere un completo di lingerie identico ad un suo modello, solo che anzichè costare 65 sterline ne costava solo 4! Dopo il polverone alzato dalla stilista il modello copiato è magicamente scomparso dalle piattaforme di Shein. Oltre alla pessima figura, viene da chiedersi dove siano finiti tutti i modelli prodotti e che non sono più stati venduti…
Infine si parla del raggiro del consumatore: l’app e il sito web di Shein, infatti, sono progettati per creare uno scroll infinito che crea dipendenza e voglia di comprare d’impulso grazie a codici sconti a tempo limitato e spedizione gratuita. Va detto che questo genere di strategia di marketing è ovviamente molto utilizzata anche da altri, il problema è che i consumatori che si rivolgono a Shein sono molto giovani e quindi molto influenzabili.
Insomma, credo non ci sia molto da aggiungere, pare abbastanza chiaro che dietro la scelta di creare una piattaforma second hand firmata Shein ci sia ben oltre la buona volontà di fare del bene all’ambiente!
Il consiglio che mi sento di dare è di boicottare sempre Shein, ma anche tutti i marchi del fast fashion. Non cadiamo nella tentazione dei prezzi bassi, perchè quei prezzi in realtà sono molto alti. Per la vita di chi li ha prodotti e per l’ambiente.