La regista Rebecca Cappelli, un’attivista per i diritti degli animali, ha realizzato un interessante documentario incentrato sull’utilizzo degli animali nel mondo della moda. Non vi nasconderò che è stata molto dura vederlo, specialmente dopo i primi 30 minuti, momento in cui vengono mostrati alcuni allevamenti e si entra nel profondo del tema trattato. Ho pianto tutto il tempo, nonostante io possa dire di avere la coscienza a posto visto che non consumo carne e non uso prodotti animali da quasi 20 anni, eppure mi sento ancora in difetto. Per questo continuo a guardare documentari come Slay e per questo continuo a parlarne.
Non so se avrete il coraggio e la voglia di vederlo, in ogni caso io ho raccolto le informazioni più cruciali che ho appreso da questo documentario, spero possa essere uno spunto di riflessione.
Il documentario fa tappa in diverse parti del mondo, si parte dall’India, Paese in cui sono presenti il maggior numero di concerie.
La conciatura: è necessaria per trasformare il materiale in pelli e per evitare che marciscano. Le diverse fasi della conciatura prevedono la salatura, la depilazione, la scarnatura e la macerazione. Le pelli vengono messe in ammollo in diverse sostanze per rimuovere il restante grasso e peli e prepararle alla conciatura, tintura e rifinitura.
La maggior parte dei brand comprano pelle proveniente dall’India, tra questi troviamo Armani, Dior, H&M, Mango, Nike, Tommy Hilfiger, Versace, Zara, Zegna e molti altri.
Impatto idrico: quasi il 90% della pelle oggi viene conciata con il solfato di cromo: questa pelle viene chiamata wet blue e viene esportata in tutto il mondo, ma il solfato di cromo è estremamente pericoloso. Lo sversamento di rifiuti e di acque di scarico contenenti cromo è un enorme problema ambientale, ogni giorno 400 concerie generano circa 50 milioni di litri di acqua di scarico a Kanpur (India) che equivalgono all’acqua contenuta in 20 piscine olimpioniche! La pelle di una singola mucca ha un impatto idrico di più di 100.000 litri d’acqua. Per un paio di scarpe di pelle viene usata una quantità d’acqua pari a quella che una persona dovrebbe bere ogni giorno per 10 anni!
Il mercato dei prodotti in pelle vale 250 miliardi di dollari a livello globale.
Amazzonia: l’80% del disboscamento avviene per mano degli allevatori. Ci vogliono 10.000 metri quadrati per allevare un animale. In Brasile ci sono 213 milioni di bestiame potete quindi immaginare quanto sia grande l’area di cui questi animali necessitano.
Concerie in Toscana: tra Firenze e Pisa ci sono centinaia di concerie che producono più di un terzo della pelle italiana, ma la maggior parte delle pelli proviene dall’estero. Sono rare le concerie che usano la concia vegetale. La lista dei prodotti usati solitamente per la produzione di pelle è molto lunga e include biocidi, tensioattivi, sgrassatori, solfuro di sodio, idrosolfuro di sodio, agenti anti rigonfiamento e soda caustica, solo per citarne alcuni.
Effetti sulla salute: lavorare a stretto contatto con queste sostanze può causare danni anche gravi. Alcuni operai manifestano immediatamente dei problemi nel caso di sostanze irritanti, sensibilizzanti o nocive. Problemi che possono manifestarsi anche a distanza di 10, 20, 30 e anche 40 anni dall’inizio dell’esposizione alle sostanza pericolose, mentre il rischio di sviluppare un tumore è molto alto.
Diritti dei lavoratori: è stato intervistato un ex dipendente di una conceria toscana che ha dichiarato che si lavorava sei giorni a settimana per 13 ore al giorno con contratti precari, spesso anche settimanali. Tutta la manodopera utilizzata era straniera.
Made in Italy: questo marchio viene posto anche in caso di sfruttamento come abbiamo appena visto nel caso delle concerie. Inoltre, un prodotto può essere stato fabbricato al 99,9% in un paese straniero, ma essere comunque marchiato Made in Italy, è sufficiente che una minima parte degli ultimi passaggi della produzione sia stata fatta in Italia per ottenere il marchio. Le leggi, infatti, sono così deboli da non garantire nessuna sicurezza sulla produzione e le aziende ne approfittano per produrre a basso costo.
È un prodotto naturale al 100% e biodegradabile, specie se paragonata a quella sintetica che inquina gli oceani e il nostro ambiente. Inoltre, in paragone, la durata attiva del nostro prodotto è più lunga di quella di qualsiasi altro.
C’è un buon sistema di regole sullo scuoiamento e l’uccisione degli animali è basato sulla scienza. Uno dei vantaggi del nostro settore e che non portiamo gli animali al mattatoio, non trasportiamo i nostri animali al macello. Quando l’animale viene ucciso viene preso direttamente dal suo habitat e messo, ad esempio per quanto riguarda i visoni, in una scatola a gas o per le volpi c’è l’elettricità, vengono uccisi così. È molto umano, vengono solo prelevati dal loro habitat, non provano stress né panico né vengono trasportati tutti ammassati con altri animali”.
Ma come funziona veramente la corrente elettrica per l’uccisione degli animali da pelliccia? La corrente elettrica attraversa la volpe dopo che uno degli elettrodi è stato inserito nel retto dell’animale e l’altro nella bocca.
Per fare un cappotto occorrono fino a 300 cincillà, 60 visoni e dalle 15 alle 40 volpi.
Più di 100 milioni di animali sono uccisi annualmente negli allevamenti. Gli allevamenti si trovano in Paesi europei, ma anche in Russia, negli Stati Uniti e in Canada, ma il più grande produttore del mondo di pellicce e la Cina.
Cina: Rebecca si è recata in un allevamento di media grandezza in Cina, nella stessa area ce ne sono centinaia, forse migliaia. Parliamo di 100 milioni, 120 milioni di animali uccisi per le pellicce ogni singolo anno.
Un miliardo e mezzo di animali vengono a scuoiati ogni anno solo per la pelle: è più dell’intera popolazione dell’Europa e Nord America messe insieme. Tra le più gettonate ci sono pelli di agnello e di vitello, mentre per alcuni prodotti di lusso come i guanti vengono usate le pelli di feti e animali nati morti.
Lana: quando la lana viene tosata è unta quindi per trasformarla in una fibra utilizzabile deve essere strofinata e trattata con detergenti pieni di sostanze chimiche. Un solo stabilimento di lavaggio di lana produce liquami che equivalgono agli scarichi di una città di 30.000 persone.
Melina Tensen, ufficiale scientifico senior RSPCA Australia racconta che “il mulesing è una pratica utilizzata su moltissimi agnelli in Australia e consiste nell’asportazione di pelle dalla zona perianale dell’agnello così come la coda, ciò previene infezioni da mosche ed il fatto che sia legale farlo senza anestesia e fonte di grande preoccupazione. Gli agnelli hanno poche settimane quando devono affrontare procedure come il mulesing, la castrazione e l’amputazione della coda e quando le pecore non producono più lana buona sono considerate inutili. Le pecore possono vivere fino a 12 anni, ma anche alle pecore Merino è dato vivere solo la metà di questo tempo, inoltre non tutti gli agnelli sono usati per la lana, molti vengono uccisi intorno ai 6 mesi per la carne o per la pelle.
Questi sono i punti principali affrontati in Slay, ma si parla di molto altro, per questo motivo vi invito a guardarlo, specialmente se avete l’abitudine di acquistare capi di origine animale.
Potete vedere Slay QUI, dura 1 ora e 25 minuti.
Un tema tosto lo so, ma vale la pena approfondire, se avete trovato interessante questo contenuto condividete il post e diffondete consapevolezza ♥
* fonte immagine copertina: waterbear.com