Ebbene sì…è passato più di un anno dall’ultima volta che ho acquistato un capo o un accessorio del fast fashion. In questo anno ho cambiato totalmente il modo di vivere la moda e da acquirente compulsiva quale ero sono diventata decisamente più consapevole. Confesso che pensavo sarebbe stata più dura rinunciare ai prezzi bassi del fast fashion, ma in realtà mi sono resa conto che nel mio armadio c’era già tutto ciò di cui avevo bisogno. Siamo abituati a comprare così tanto e così sovente che non abbiamo neppure il tempo di indossare tutto, eppure ci sembra di non avere mai abbastanza.
Questa sensazione di insoddisfazione però non è reale, ma ci viene inculcata dal marketing delle grandi catene low cost, che con le loro infinite collezioni ci spingono a comprare subito quello che vediamo, ne creano un bisogno. Se pensate alle stagioni, le collezioni dovrebbero limitarsi all’autunno-inverno e alla primavera-estate, invece in un anno il fast fashion produce fino a 24 collezioni! Numeri assurdi che creano quella necessità di comprare subito il capo per evitare di non trovarlo più anche solo pochi giorni dopo. Anche il basso costo del prodotto finale e lo scarso tessuto utilizzato invogliano ad acquistare in modo compulsivo. Se paghiamo un prezzo irrisorio per un capo di abbigliamento sappiamo già che non durerà moltissimo perchè i tessuti di bassa qualità non reggono molti lavaggi, ma questo fatto non ci interessa proprio perchè ci è costato davvero poco. Tale meccanismo ci porta ad acquistare tantissimi capi anche se non ne abbiamo bisogno.
Quale meccanismo scatta invece se acquistiamo sostenibile? Per mia esperienza posso dirvi che si acquista molto meno e soprattutto meglio. Io sono stata sempre da acquisto compulsivo e non nego che anche ora ci sono delle volte che dico “mi comprerei tutto”. La differenza rispetto a prima e che ora mi pongo un freno scegliendo ciò che effettivamente mi serve, ponendomi un budget oppure privilegiando il capo col tessuto più naturale. Acquistare sostenibile significa dare il giusto valore alle cose, al lavoro altrui, alla qualità dei tessuti scelti e di conseguenza anche al denaro. Per questo non mi stancherò mai di dire che il problema non è che la moda sostenibile costa troppo, ma che il fast fashion che costa troppo poco.
Ma questi meccanismi scattano solo col fast fashion? In realtà i grandi brand creano il desiderio allo stesso modo, ma con prezzi decisamente più alti. Per alcune persone il logo e la firma rappresentano un appagamento personale e un’affermazione nella società. Quindi, anche se non compriamo grandi brand ogni settimana come nel caso del fast fashion, il risultato è lo stesso perchè la qualità non è certo migliore. Ho visto pantaloni di marca a 1300 euro in poliestere, realizzati in Bangladesh esattamente come quelli del fast fashion e allora perchè dovrei preferire quello piuttosto che uno da 30 euro? Semplicemente per il brand e per tutto quello che rappresenta.
Ma l’industria tessile non sostenibile non crea solo queste assurde dipendenze, fa molto peggio. Sta distruggendo il nostro Pianeta, infatti è il settore più inquinante al mondo, secondo solo a quello petrolifero, questo significa che qualcosa ci è sfuggito di mano. Ci sono popolazioni che si vestono con gli abiti che noi scartiamo perchè fuori moda, discariche piene di indumenti invenduti e fiumi completamente inquinati a causa delle lavorazioni pericolose che permettono, insieme alla manodopera sfruttata, di applicare costi irrisori ai capi che riempiono i nostri armadi.
Per capire cosa c’è davvero dietro la moda vi consiglio di guardare due documentari: River Blue e The True Cost. Il primo racconta in modo dettagliato l’aspetto ambientale legato alla moda e al fast fashion in particolare, il secondo è più incentrato sull’aspetto della manodopera. Entrambi mi hanno fatto comprendere di non voler essere più complice di un meccanismo tale ed è per questo che da più di un anno ho detto addio al fast fashion.
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